Task Rabbit: exit da manuale
Hanno avuto un’idea brillante, come molti altri startupper, per la verità, ma la loro peculiarità vincente è stata avere una vision molto chiara e i piedi ben saldati per terra: due caratteristiche che gli hanno permesso di non sviluppare una forte identità ma senza dimenticare di continuare a guardare con occhio attento al mercato.
La startup in questione è Task Rabbit che, fondata nel 2008 negli Stati Uniti, è stata una pioniera della Gig economy, cioè tutto quel microcosmo fatto di lavoretti on demand, in cui liberi professionisti si mettono a disposizione per collaborazioni casalinghe “a termine”.
Task Rabbit si è evoluta nel tempo, vendendo la promessa di trovare persone, affidabili e competenti, che aiutassero gli utenti nelle piccole e grandi incombenze di ogni giorno: traslochi, montaggio e smontaggio mobili, lavori in casa.
Ed è così che Stacy Brown-Philpot, CEO di Task Rabbit, uno non proprio venuto dal nulla visto che era un ex Executive in Google, si è trovato a gestire 60 dipendenti e più di 60mila collaboratori oltre a finanziamenti di 30 milioni di dollari ricevuti da fondi come Shasta Ventures e Founders Fund.
A differenza di altri casi di successo, Task Rabbit non si è mai concentrata su un unico segmento di mercato, restando aperta a diversi tipi di mansioni svolte dai suoi collaboratori.
La exit con Ikea
Tutto questo, però, è stato abbastanza dal momento che la startup aveva annunciato che avrebbe superato il break even nel 2016, ma in realtà sembra che non sia mai riuscita a diventare redditizia.
Ecco, però, che qualcosa succede quanto Ikea, il colosso dei mobili da montare, mette gli occhi proprio su Task Rabbit.
In realtà la startup già offriva anche servizi di montaggio e smontaggio dei mobili svedesi, e proprio questa è stata la leva che le ha permesso di far breccia nel cuore di Ikea che ha deciso di acquistarla lo scorso settembre, allargando così il bacino dei servizi offerti ai propri clienti.
Un’exit sicuramente di grande successo, anche se non si conosce l’esatto ammontare dell’operazione.
Di sicuro i taskers, cioè i collaboratori delle startup, avranno possibilità di guadagno decisamente più ampie anche se, al momento, Task Rabbit continuerà ad operare solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Per Ikea l’obiettivo è quello di competere con la completezza di servizi offerti da giganti del commercio online, come Amazon, e offrire servizi migliori ai propri utenti.
Il traguardo di fatturato è fissato in 50miliardi entro il 2020, di cui almeno il 10% dovrà arrivare dalle vendite online.
Cosa si può imparare da questa exit
Sicuramente una exit del genere è nei sogni di molti startupper. Ma realizzare simili colpi non è semplice.
Tra i suggerimenti da tenere a mente c’è quello di essere lungimiranti sin dalle prime fasi di sviluppo della propria startup, individuando in anticipo i potenziali acquirenti per la tua azienda.
In questo processo è importante esercitare il pensiero laterale: non sempre chi può essere interessato ad acquistare una startup è una realtà affine o simile, in alcuni casi, come quello di Task Rabbit ed Ikea, potrebbe esserci un solo aspetto in comune, un servizio da integrare o un prodotto da utilizzare per migliorare la propria offerta in un settore vicino, ma non sovrapponibile a quello in cui opera il marchio acquirente.
Ovviamente è fondamentale anche essere molto consapevoli del valore reale della propria startup e studiare bene la strategia di uscita e cessione, che può anche essere graduale.